[...] Si potrà parlare di quegli anni quando non ci saranno più prigionieri. Furono celebrati complessivamente 7 processi, più richieste di revisione delle sentenze e altri ricorsi che durarono in tutto ben 16 anni, dal 1989 al 2005, per un totale di 8 processi, 15 sentenze e 18 pronunciamenti, considerando come termini l'inizio del primo processo e la respinta seconda revisione[128]: Successivamente la magistratura si occupò ancora del caso per la richiesta di revisione del processo, che venne dichiarata inammissibile prima a Milano, poi a Brescia, infine a Venezia nel 2000. È la mattina del 17 maggio 1972, e la pistola puntata alle spalle del commissario Luigi Calabresi cambierà per sempre la storia italiana. Allegra e fatto accomodare, mentre il funzionario stava preparando le fotografie da mostrarmi, gli raccontai l'episodio, anche perché mi aspettavo che mi tornassero a mostrare la fotografia della sera prima. Scalzone ne parlò anche con l'ex partigiano socialista Corrado Bonfantini[22]. Lo stesso Sandalo, che aveva parlato del sosia di Nardi, disse poi nel 1990 e poi nel 2005 che «un giorno a casa di Sergio Martinelli fu ospitato il commando che aveva appena gambizzato un ingegnere della Philco. Novità e grandi classici. Tutti gli imputati sono stati condannati per il reato di concorso in omicidio (in base all'articolo 575 del codice penale italiano che stabilisce la pena della «reclusione non inferiore ad anni ventuno» per omicidio doloso e all'articolo 71 sul concorso di reati, che stabilisce come pena massima i 30 anni)[102]. Una ricusazione di coscienza – che non ha minor legittimità di quella di diritto – rivolta ai commissari torturatori, ai magistrati persecutori, ai giudici indegni. – 1998 – Caso Sofri – Grottesco sul Processo Sofri, Gli aggiornamenti da gennaio '98 a ottobre 2000, 43 anni – Piazza Fontana, un libro, un film, Tre ipotesi sulla morte dell'anarchico Pinelli, Cronologia degli anni di piombo e della strategia della tensione, Cronologia delle persone uccise durante gli anni di piombo, Presunti rapporti tra servizi segreti italiani e criminalità, https://it.wikipedia.org/w/index.php?title=Omicidio_Calabresi&oldid=117380929, Sentenze della Corte europea dei diritti dell'uomo, Template Webarchive - collegamenti all'Internet Archive, licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo, Marino descrisse una via di fuga, dopo la consumazione dell'omicidio del commissario Calabresi, diametralmente opposta a quella accertata dagli inquirenti all'epoca dei fatti, Disse che il colore dell'automobile utilizzata per l'agguato era beige mentre essa era incontrovertibilmente blu, Descrive poi Bompressi «con i capelli ossigenati» (per camuffarsi), particolare che non venne notato da nessuna delle persone incontrate dall'attivista nei giorni seguenti, ai comizi di LC, Singolari sono alcune conferme delle sue affermazioni: invitato a descrivere l'appartamento milanese utilizzato come base per la preparazione del delitto, Marino ne diede una descrizione molto particolareggiata (a differenza di altre circostanze del delitto) che trovò pieno riscontro nel successivo sopralluogo investigativo. Quando dico noi, includo anche me. Nardi, sospettato dalla polizia di frontiera dopo averlo confrontato con l'aspetto del killer e collegato alle indagini sul traffico d'armi, venne messo a confronto nella questura di Como con alcuni testimoni oculari, come Pietro Pappini, che ne rilevarono la somiglianza[22]. I magistrati giudicanti hanno invece attribuito ad esse un valore limitato, considerandole principalmente il risultato dei molti anni trascorsi[74]. Spingendo la notte più in là, di Mario Calabresi di Federico B., Matteo M. e Filippo D. 3 E, Liceo Bertolucci Su Calabresi vengono diffuse notizie completamente false e inventate. Aveva così luogo un nuovo giudizio di rinvio (1995), più veloce e meno seguito dal pubblico[61], che questa volta si concludeva con la condanna di Sofri e degli altri. C'è chi ha sostenuto che Marino, essendo indagato per alcune rapine, avrebbe confessato al parroco che i carabinieri lo stavano cercando, e quindi non si sarebbe presentato spontaneamente; inoltre, a quanto risulta dal diario della moglie, nemmeno la decisione di confessare fu spontanea ed estemporanea[85]. Lasciò la moglie Gemma Capra, incinta, e due figli: Mario (che diventerà noto giornalista e scrittore e che ha raccontato la storia della sua famiglia nel libro Spingendo la notte più in là) e Paolo. TRAVAGLIO: IL COMMISSARIO CALABRESI UCCISO DUE VOLTE. Considerazioni in margine al processo Sofri, La prima vittima - Storia di Luigi Calabresi, Scheda di Luigi Calabresi sul sito della Associazione Italiana Vittime del Terrorismo, Lettera aperta a L'Espresso sul caso Pinelli, Nucleo Speciale Antiterrorismo dei Carabinieri, convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, 73ª seduta della Commissione parlamentare d'inchiesta sul terrorismo in Italia e sulle cause della mancata individuazione dei responsabili delle stragi, 29ª seduta della Commissione parlamentare d'inchiesta sul terrorismo in Italia e sulle cause della mancata individuazione dei responsabili delle stragi, Uno degli identikit disegnati confrontate con le foto dei primi sospetti, Dossier Calabresi – 1972 – La pista Nardi, Relazione n. 5 sui documenti di Robbiano della Commissione Stragi, L'ombra dei depistaggi sul processo Rostagno, Pareri giuridici. 270), o l'attentato con finalità di eversione (art. Storia della mia famiglia e di altre vittime del terrorismo, Milano, Arnoldo Mondadori Editore, 2007, ISBN 978-88-04-58044-7. Dopo la confessione il «salto» economico, Omicidio Calabresi a giudizio Sofri e altri quattro ex Lc, Il progetto di riforma dell'ordinamento giudiziario e le "sentenze suicide". Il 18 maggio 1972 il giornale Lotta Continua titolò: Ucciso Calabresi, il maggior responsabile dell'assassinio di Pinelli[29]. Spingendo la notte più in là. In seguito Marino, davanti ai magistrati, dopo una lunga serie di colloqui preliminari con i carabinieri, rivelò di aver guidato l'auto usata per l'omicidio, e dichiarò che a sparare al commissario era stato Ovidio Bompressi; aggiunse che i due avevano ricevuto l'ordine di compiere l'omicidio da Adriano Sofri e Giorgio Pietrostefani, allora due dei leader del movimento[63]. Il giorno della strage vi fu tra i fermati un esponente dei movimenti anarchici milanesi: Giuseppe Pinelli, ferroviere che lavorava nella stazione di Porta Garibaldi, assieme a Pietro Valpreda (assolto dopo alcuni anni, come tutti gli altri imputati)[12]. Lo stesso giorno il quotidiano ripubblicò l'articolo scritto dopo la morte di Pinelli e una breve biografia di Calabresi, dove si ricordavano i suoi esordi come pubblicista, si ipotizzava che fosse stato addestrato dalla CIA, lo si accusava di essere tra gli organizzatori della strage di piazza Fontana, ideata (secondo il quotidiano) per accusare gli anarchici e, se si fosse riuscito, anche Giangiacomo Feltrinelli. Esistono delle responsabilità morali. Il giurista Luigi Ferrajoli criticò il processo per essersi svolto come un «esperimento storiografico» accusatorio sugli anni di piombo, anziché come un dibattito giudiziario[125]. Le sole parole riferite da Marino non sono apparse a molte come univocamente incriminanti nei confronti di Sofri (in alcune versioni sono invece attribuite a Pietrostefani)[22] in cui si afferma che Lotta Continua avrebbe pensato alla sua famiglia. Sembra che i documenti e le trascrizioni, per motivi misteriosi, non siano mai pervenuti, o forse siano pervenuti solo parzialmente, agli addetti alle indagini al Tribunale di Milano. Nardi, soprannominato il «bombardiere nero», è stato anche avvicinato al cosiddetto Noto servizio o Anello[43], un'altra struttura segreta che secondo l'ex capo della P2 Licio Gelli sarebbe stata appannaggio di Giulio Andreotti. Il 12 dicembre 1969 aveva avuto luogo la strage di piazza Fontana: una bomba, di matrice neofascista (come si accerterà), posta nella sede della Banca Nazionale dell'Agricoltura di quella piazza del centro di Milano aveva provocato la morte di diciassette persone e il ferimento di ottantotto. Dal 1957 libri e musica. Calabresi fu soccorso ma venne dichiarato morto all'ospedale. l'omicidio politico non è certo l'arma decisiva per l'emancipazione delle masse dal dominio capitalista, così come l'azione armata clandestina non è certo la forma decisiva della lotta di classe nella fase che noi attraversiamo. Consultare recensioni obiettive e imparziali sui prodotti, fornite dagli utenti. Quello che infastidisce è che, se qualcuno segue il suggerimento, si rischia di vedere saltare, per morte del querelante, il processo Calabresi-Lotta Continua, e la cosa in effetti ci dispiacerebbe un po'...». 306) né circostanze come l'associazione sovversiva (art. SPINGENDO LA NOTTE PIÙ IN LÀ Mario Calabresi. Fu accertato che, prima della data della confessione ufficiale, Marino ebbe colloqui riservati, ripetuti in 17 giorni (dal 2 al 19 luglio) e non verbalizzati nella caserma dei carabinieri di Sarzana, poi di Ameglia e infine a Milano, prima con il capitano Meo e il maresciallo Rossi e infine con il colonnello Umberto Bonaventura, ex della divisione «Pastrengo», che aveva lavorato con Carlo Alberto dalla Chiesa ma che era anche stato a lungo collaboratore e dipendente (col grado di tenente) del generale Giovanni Battista Palumbo (iscritto della P2 e coinvolto in alcuni oscuri episodi)[86] e del tenente colonnello Michele Santoro, coinvolto marginalmente nel depistaggio sulla strage di Peteano. Mario Calabresi, oggi giornalista di "Repubblica", racconta la storia e le storie di quanti sono rimasti fuori dalla memoria degli anni di piombo, l'esistenza delle "altre" vittime del terrorismo, dei figli e delle mogli di chi è morto: c'è chi non ha avuto più la forza di ripartire, di sopportare la disattenzione pubblica, l'oblio collettivo; e c'è chi non ha mai smesso di lottare perché fosse rispettata la memoria e per non farsi inghiottire dai rimorsi. Quando saremo tutti liberi potremmo sapere la verità su Calabresi. Dal 6 giugno 2011 ha condotto in prima serata su Rai 3 Hotel Patria. [Alla domanda «Tu avresti potuto uccidere Calabresi?»] Ma certamente. Altre parti dei documenti sequestrati furono tuttavia trascritte e riassunte dagli agenti che si erano occupati dell'indagine. L’opinione su di un libro è molto soggettiva e per questo Un’orazione civile per ricordare le vittime del terrorismo. Dopo essere smentito su questo, aggiustò ancora la testimonianza affermando di aver ricevuto l'assenso a casa di Sofri mentre pioveva, in un incontro di trenta secondi con il solo Sofri[50]. Il verdetto fu accolto da incredulità e generale contrarietà anche da parte del mondo politico, con l'eccezione di alcuni esponenti della destra[8]. In quel caso Scalfaro firmò il provvedimento, configuratosi nell'opinione pubblica come un super-giudizio di innocenza,[senza fonte] pochi giorni dopo la condanna definitiva, dopo richiesta presentata dalla famiglia dell'imputato. Alla domanda «Non ha mai pensato che in realtà fu Pietrostefani a decidere l'omicidio, e che Sofri subì la decisione?», Marino rispose: «Questo non lo posso sapere. L’autore ricostruisce le vicende della sua famiglia durante gli “anni di piombo”, il periodo più cupo della nostra Repubblica. tuttavia le condizioni meteorologiche di quel giorno indicano che a Pisa era una giornata soleggiata. Nel periodo che seguì l'omicidio Calabresi avvennero molti attentati contro altri dipendenti dello Stato impegnati contro il terrorismo. Già nel 1998 Sofri aveva espresso parole di condanna per il delitto Calabresi, e presentato scuse pubbliche alla vedova del commissario per aver contribuito a istigare al linciaggio nei confronti del marito, «con l'uso di termini e l'evocazione di sentimenti detestabili allora e tanto più detestabili e orribili oggi»; Sofri si assunse quindi la colpevolezza di aver compiuto un'istigazione a delinquere, pur dicendosi sempre innocente a livello penale per quanto riguarda l'ideazione e l'esecuzione dell'omicidio, e vittima di un errore giudiziario[153][155]. Mario Calabresi, Spingendo la notte più in là.Storia della mia famiglia e di altre vittime del terrorismo, Milano, Mondadori, 2007.; Indro Montanelli e Mario Cervi, L'Italia degli anni di fango (1978-1993), Milano, Rizzoli, 1993.; Armando Spataro, Ne valeva la pena.Storie di terrorismi e mafie, di segreti di Stato e di giustizia offesa, Roma-Bari, Laterza, 2010. Scalzone rivelò poi a Mario Scialoja che, poco tempo dopo l'omicidio, arrivò una lettera di rivendicazione nella sede di Potere Operaio, firmata da un gruppo chiamato Giustizia Proletaria[22]: «Abbiamo giustiziato il boia Calabresi... Mai più altri Pinelli... Basta con l'estremismo parolaio della sinistra rivoluzionaria... Passare all'azione diretta, subito...». Nessun provvedimento di grazia è stato portato avanti nelle sedi competenti per Adriano Sofri (che non lo ha mai chiesto) e Giorgio Pietrostefani, i due fondatori di Lotta Continua. Quando Calabresi fu freddato di fronte alla sua abitazione, la giornalista si trovò al centro di dure contestazioni iniziate con il commento accusatorio del prefetto Libero Mazza ai giornalisti radunati, tra cui la stessa Cederna, all'ospedale San Carlo mentre all'interno veniva composto il cadavere del commissario. Leonardo Marino, quando renderà le sue dichiarazioni su Sofri, Bompressi e Pietrostefani nel 1988, accusò anche altri ex membri di LC di aver partecipato con lui a rapine (alcuni di loro verranno poi assolti, mentre per altri i reati cadranno in prescrizione) o di essere a conoscenza del delitto (in questo caso però non fu creduto). Pino Arlacchi: “Nagorno Karabakh, quanta confusione dei media” Sanzioni prorogate: l’UE persiste nella sua politica crudele e fallimentare contro il Venezuela Spingendo la notte più in là di Calabresi Mario (2007) Mario Calabresi è nato come me nella primavera del 1970. Secondo una perizia tecnica del 1999, è possibile che i proiettili provenissero da due pistole diverse[3]. Di lì a poco il nostro paese scivolerà in uno dei suoi periodi più bui, i cosiddetti "anni di piombo", "la notte della Repubblica". Nonostante questo impegno mediatico profuso da molti a favore degli accusati si è giunti comunque alla loro condanna con sentenza definitiva, mentre la richiesta di revisione del processo è stata rigettata dai giudici. A causa di questi giudizi il questore di Milano, all'indomani dell'assassinio, l'additò come «mandante morale» dell'omicidio Calabresi[18]. Questo è rimasto, nonostante le deliranti speculazioni di certe motivazioni di sentenze sull'intenzione di Lotta Continua di ammazzare un commissario per suscitare sulla scia di quel delitto la rivoluzione proletaria in Italia. Gianfranco Bertoli, che era da poco tornato in Italia dopo un periodo trascorso in un kibbutz israeliano, fu subito arrestato, e rivendicò l'azione come vendetta verso Rumor per la morte di Pinelli e la celebrazione postuma di Calabresi. Secondo alcune testimonianze Calabresi stava indagando anche sulla morte del nobile veronese Pietro Guarnieri, avvenuta in Kenya. Ha infine travolto la tesi della "spontaneità" della chiamata di correo di Marino davanti alla procura di Milano, essendo stato provato in dibattimento che essa fu preceduta da una lunga preparazione in una caserma dei carabinieri e seguita da un'improvvisa e inspiegabile agiatezza grazie alla quale Marino, che fino ad allora aveva vissuto di espedienti e rapine, poté acquistare due appartamenti e due nuovi furgoni per il suo commercio di frittelle.». In seguito, prima della rivelazione su Calabresi, arrivò a parlare con Marino proprio Bonaventura, che in passato si era occupato dell'inchiesta sull'assassinio del commissario. Sicuramente “Pietro” era più propenso a passare alla lotta armata. Discussione intensa ieri sera al gruppo di lettura della Biblioteca di Cologno Monzese a proposito del libro di Mario Calabresi, Spingendo la notte più in là (Mondadori). Essendo state distrutte (nel caso dell'automobile, risultata demolita), o mai recuperate (l'arma del delitto) numerose prove, l'unica prova – non indiziaria – del processo fu costituita dalla testimonianza accusatoria e autoaccusatoria di Leonardo Marino. Prima della conferma della condanna, Pietrostefani si sottrasse all'esecuzione della pena fuggendo in Francia (dove tuttora vive) e beneficiando della dottrina Mitterrand, mentre Sofri e Bompressi (quest'ultimo con alcune settimane di ritardo, essendo temporaneamente resosi irreperibile)[118] rientrarono nel carcere di Pisa già nei primi mesi del 2000. Sempre secondo la ricostruzione del quotidiano rientravano in questo progetto gli arresti di anarchici compiuti dalla polizia guidata da Calabresi dopo le bombe del 25 aprile 1969[31], attentati che anni dopo si riveleranno invece opera del movimento neofascista Ordine Nuovo. Tali attentati ebbero uno scopo punitivo e ammonitivo al contempo, e le indagini nei confronti degli autori degli attentati risultarono particolarmente difficili[1]. Storia della mia famiglia e di altre vittime del terrorismo è un libro di Calabresi Mario , pubblicato da Mondadori nella collana Piccola biblioteca oscar e nella sezione ad un prezzo di copertina di € 10,00 - 9788804580447 Tra l'altro circa una settimana dopo mi fu comunicato che mi era stata assegnata una scorta che durò più di un mese.». Gli ex militanti di LC e poi terroristi del gruppo Prima Linea-Co.Co.Ri. Marino non affermò mai che tali prestiti fossero il prezzo del suo silenzio, ma ammise, messo di fronte ai fatti, che Sofri gli concesse invece i prestiti spontaneamente. Essi si basarono anche su affermazioni, viste come incertezza dell'accusa, ripetute negli anni: l'avvocato di Marino, Gianfranco Maris, dichiarò nel 2000, dopo il rigetto del processo di revisione che confermò la condanna[4][5][6]: .mw-parser-output .citazione-table{margin-bottom:.5em;font-size:95%}.mw-parser-output .citazione-table td{padding:0 1.2em 0 2.4em}.mw-parser-output .citazione-lang{vertical-align:top}.mw-parser-output .citazione-lang td{width:50%}.mw-parser-output .citazione-lang td:first-child{padding:0 0 0 2.4em}.mw-parser-output .citazione-lang td:nth-child(2){padding:0 1.2em}, «Non escludo che Sofri sia intimamente convinto della sua innocenza, forse il via libera che diede a Marino per l'esecuzione dell'omicidio Calabresi scaturisce da un equivoco.». La vedova di Pinelli, Licia Rognini, ha dichiarato di credere che il commissario Calabresi non sia stato ucciso per vendetta per la morte del marito, bensì per farlo tacere sulle responsabilità dei suoi capi, quindi per opera di settori deviati dello Stato[46]. Il leader di LC Sofri rifiutò però di intitolare Giustizia è fatta, come chiesto da alcuni, né LC rivendicò tale delitto[32]. Allegra o comunque da qualcuno del suo ufficio, con la quale venivo convocato da lui l'indomani mattina alle ore 9 per compiere la stessa operazione. Praticamente ogni corso di storia scolastico si ferma al massimo agli anni '60 e tutto ciò che viene dopo è un enorme buco nero che va colmato autonomanente. SPINGENDO LA NOTTE PIU' IN LA' CALABRESI MARIO, libri di CALABRESI MARIO, MONDADORI. Come per piazza Fontana, le prime indagini si volsero all'ambiente anarchico di cui Pinelli faceva parte, senza trovare riscontri. Tornato dall'Uruguay nel 1971, secondo questo resoconto Feltrinelli cominciò a pensare seriamente a uccidere Calabresi e gli parlò di un'azione contro il commissario, senza scendere nei particolari, ma volendo avere un avallo politico dal mondo organizzato extraparlamentare per l'attentato che stava preparando accuratamente[22]. In questo colloquio, sollecitato da Marino, questi avrebbe dovuto ottenere conferma della provenienza dal gruppo dirigente nazionale di LC del proposito di uccidere Calabresi[6][61]: «Io avevo chiesto a Pietrostefani garanzie per la mia famiglia nel caso fossero andate male le cose, e volevo rassicurazioni da Sofri. Già avverso alla sentenza di primo grado, Adriano Sofri non interpose appello, volendo scontare la pena come forma di protesta in quanto, come gli altri, si dichiarò sempre estraneo pur assumendosi una responsabilità morale[103]: la sentenza non ebbe però esecuzione per l'effetto espansivo del ricorso presentato dai suoi coimputati (anche Leonardo Marino fece appello). Il settimanale L'Espresso, in tre successivi numeri apparsi in edicola a partire dal 13 giugno 1971, pubblicò un appello in cui Calabresi era definito «un commissario torturatore» e «il responsabile della fine di Pinelli», formulando accuse a magistrati e altri soggetti che avrebbero ostacolato l'accertamento delle responsabilità in favore di Calabresi. La Di Rosa disse di averlo confuso forse con un omonimo «Gianni Nardi» o qualcuno che si spacciava per lui[45]. Di conseguenza Sofri e Bompressi si costituirono presso il carcere Don Bosco di Pisa; Giorgio Pietrostefani, rientrato dalla Francia dove viveva per non sottrarsi al processo, si costituì in comune accordo con gli altri due[61]. Dall'incontro con l'autore alla musica live. L'assassinio di Calabresi nuovo tragico evento della strategia della tensione e della provocazione, 1973, bomba tra la folla Strage davanti alla questura, Al processo Calabresi il mistero dell'identikit, L'anarchico Bertoli: "Perché feci strage", In morte di un commissario. Sedici anni dopo i fatti, nel luglio 1988, il caso si riaprì: Leonardo Marino, ex militante di LC, aveva volontariamente confessato di aver partecipato all'agguato contro il commissario, indicando in Adriano Sofri e Giorgio Pietrostefani i mandanti dell'azione, in Ovidio Bompressi l'esecutore materiale, in se stesso l'autista della Fiat 125[10]. Nel commentare il delitto il quotidiano, collegando idealmente il fatto con l'attentato al politico statunitense George Wallace, di cui aveva dato notizia il giorno precedente[30], scrisse[31]: «Ieri il razzista Wallace, oggi l'omicida Calabresi. Anche Morucci negò le accuse, definendole come parte delle «leggende metropolitane» diffuse su di lui, ma querelò Casimirri[56][57]. Il 15 dicembre l'anarchico precipitò dalla finestra dell'ufficio del commissario Calabresi, uno tra gli incaricati delle indagini sul caso di piazza Fontana, morendo ore dopo all'ospedale Fatebenefratelli: Pinelli era stato trattenuto per ben tre giorni consecutivi, in evidente violazione dei limiti allora previsti dalla legge[11]. Dopo una lunga e contrastata vicenda giudiziaria, la magistratura ritenne attendibile la confessione di Marino (di fatto la prova principale) e condannò Bompressi, Sofri e Pietrostefani a 22 anni di carcere con sentenza definitiva. Sempre nel dispositivo di sentenza, D'Ambrosio scrisse: «L'istruttoria lascia tranquillamente ritenere che il commissario Calabresi non era nel suo ufficio al momento della morte di Pinelli»[14]. - Milano : A. Mondadori, 2007. Questa ennesima sentenza, che riprendeva le sentenze di primo grado e del primo processo d'appello, veniva infine confermata in Cassazione nel 1997, passando in giudicato dopo sette gradi di giudizio (compresi gli annullamenti). configuratosi nell'opinione pubblica come un super-giudizio di innocenza, Definitive le condanne per Sofri e gli altri, Sofri, ecco le prove dell'istanza di revisione. In totale vi furono 9 gradi di giudizio sul caso Calabresi – 7 regolari e 2 di revisione – per un totale di quattro condanne, due annullamenti, un'assoluzione e due conferme in Cassazione[124]. Tra il 2001 e il 2006 i ripetuti inviti a dare corso alla richiesta di grazia, avanzati in maniera trasversale da esponenti della politica e della cultura (ma mai da Sofri in persona), sono sempre stati respinti dal Ministro della Giustizia Roberto Castelli, malgrado il Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi avesse nello stesso periodo più volte manifestato la volontà di concederla, tanto da giungere a un conflitto con il guardasigilli risolto poi dalla Corte Costituzionale che, con sentenza n. 200 del 18 maggio 2006, ha stabilito che non spetta al Ministro della Giustizia di impedire la prosecuzione del procedimento di grazia, ma esso è un libero provvedimento motu proprio del Capo dello Stato; in poche parole Ciampi avrebbe potuto concedere la grazia anche senza la controfirma del guardasigilli[61]. Leggi le recensioni degli utenti e acquistalo online su IBS. Marino affermò di aver incontrato Sofri in anni successivi all'omicidio per metterlo a parte della sua resipiscenza morale, ricevendo dal Sofri uno sbrigativo rifiuto al confronto e velate minacce: venne accertato (circostanza da Marino inizialmente taciuta) che il reale motivo di tali incontri consisteva nella richiesta di prestiti pecuniari al Sofri, prestiti ottenuti e mai restituiti[91]. La decisione di ritenere l'appello altrui impeditivo del passaggio in giudicato della condanna anche nei confronti del non appellante Sofri (per effetto espansivo) non era scontata: segnò anzi un precedente inedito in giurisprudenza[32]. Protestai con i due, che mi avevano fatto vedere molto velocemente anche un tesserino, ma mi dissero che avevano fretta e insistevano affinché verificassi le fotografie. Nel 1997 il Presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro, pur sollecitato da numerosi parlamentari, circa 200, e da molti cittadini comuni (160.000 firmatari)[149], rifiutò di firmare la grazia, con una lettera ai presidenti delle Camere, Luciano Violante e Nicola Mancino[61], nonostante una dichiarazione della vedova Calabresi che affermava la sua non opposizione[118]: «Qualsiasi provvedimento di grazia destinato a più persone sulla base di criteri predeterminati, costituirebbe di fatto un indulto improprio, invadendo illecitamente la competenza che la costituzione riserva al parlamento. Ma proprio per questo non mi aspettavo che si atteggiasse a "perseguitato" di uno Stato "turco" come lui ha definito quello nostro, che lo autorizza a ricevere in prigione tutte le persone che vuole, a tenervi conferenze stampa, a scrivere sui giornali, e che visibilmente sta cercando qualche decente via d'uscita a questa vicenda.